Il Molise e l’Abruzzo potrebbero tornare a essere un’unica regione?

Dopo l’autonomia, il Molise potrebbe sparire come regione e tornare a far parte dell’Abruzzo: è partita la raccolta firme
Dopo essersi separati per 60 anni, il Molise vorrebbe tornare negli Abruzzi, ai tempi di quando, fino al 1963, si chiamava Abruzzi e Molise.
Qualche anno fa persino la BBC, incuriosita dell’hashtag il Molise non esiste, inviò un report alla scoperta della regione che non c’è raccontando che questa separazione portò invisibilità al territorio. Ma perché il piccolo Molise è riuscito a diventare una Regione, status negato ad aree ben più estese e popolate come la Romagna o il Salento? Scopriamolo insieme e, davvero le regioni potrebbero unificarsi?

Fino al 1963 Molise e Abruzzo erano una regione sola

Già nel lontano 1947, durante l’Assemblea costituente, venne proposta la creazione della regione Molise, un’area prevalentemente montano.collinare di 4460 metri quadri con appena 418mila abitanti. La richiesta venne bocciata perché vennero riconosciute solo le regioni storiche, ma i costituenti stabilirono anche la condizione per costituire nuove regioni: la presenza di almeno 1 milione di residenti (art 132).

La regione del Molise vista dal satellite
La regione del Molise vista dal satellite – Wikimedia Commons @Arrow303 – Museodiocesanotorino.it

 

Dopo un acceso dibattito parlamentare, nel 1963 arrivò la legge costituzionale che sancì la nascita del Molise: una nuova regione definita da Alberto Cavallari in un reportage dell’epoca sul Corriere della Sera “una provincia cenerentola, eternamente seconda, rimasta in fondo alla serie B dei Paesi sottosviluppati”.

Per tutti gli anni ’60 l’ente fu composto dal solo capoluogo di Campobasso, mentre nel 1970, quando le regioni entrarono effettivamente in funzione, si aggiunge la provincia di Isernia.

Al momento della separazione, le regioni italiane furono solo sulla carta e anche negli anni successivi ebbero una limitata discrezionalità fiscale.
Le motivazioni che portarono alla creazione del nuovo ente furono sostanzialmente tre: 
  • Identitaria-culturale: In un intervento al Senato l’esponente della Dc Giuseppe Magliano, primo firmatario della riforma costituzionale, afferma che il Molise si considera “un complesso etnico, storico, geografico e politico nettamente distinto e separato dagli Abruzzi”. In realtà tutta questa differenza non c’è: salvo lungo i confini dove le inflessioni sono più napoletane o pugliesi, i molisani parlano abruzzese.
  • Logistica-amministrativa: gli abitanti dei 136 comuni del Molise hanno difficoltà a raggiungere i 20 specifici uffici pubblici poiché sono dislocati troppo lontano o in altre province fuori dalla regione Abruzzi e Molise. Per fare un esempio, per l’esame della patente bisogna raggiungere la motorizzazione a Pescara, per il distretto militare si deve andare a Bari, per la Corte d’Appello a Napoli, i servizi erariali a Benevento ecc. Sarebbe bastato modificare la giurisdizione e aprire qualche ufficio a Campobasso, ma si è preferito dar vita a una Regione. Di quei 20 uffici, a distanza di 60 anni, solo 9 sono stati trasferiti effettivamente nel capoluogo di provincia, mentre il resto è rimasto altrove, come il comando generale dei carabinieri, che sta in Abruzzo.
  • Elettorale: nell’articolo 57 della Costituzione è inserito il comma che prevede due senatori provenienti dal territorio. La Democrazia Cristiana, dunque, si assicurò nel feudo elettorale molisano un seggio di senatore in più (si pensa che possa essere questa la vera ragione).

All’inizio degli anni ’60 sia l’Abruzzo che il Molise erano regioni molto arretrate: l’agricoltura occupa la maggior parte della popolazione attiva, mentre l’industria è rappresentata per lo più da piccole imprese artigianali.

Il tenore di vita delle due popolazioni è inferiore di un terzo rispetto alla media italiana, con un reddito netto pro-capite di 298.121 lire, il Molise è più povero dell’Abruzzo (323.766 lire, in linea con quello dell’Italia meridionale che è di 324.977 lire).

Nel 1974 la situazione cambia: in Molise il reddito netto raggiunse le 923.547 lire, mentre in Abruzzo diventò il più alto del Sud Italia: 1.176.068 lire, molto vicino alla media italiana (82,8%).

In entrambi i territori cala drasticamente l’occupazione in agricoltura, mentre quasi uno su tre lavora nell’industria. All’inizio degli anni ’90 l’economia abruzzese si avvicinò a quella nazionale (85%), mentre quella molisana migliorò (76%) ma non decollò.

Infine la crescita rallentò fino a vivere un brusco crollo nei primi due decenni del secolo, ma con enorme differenza tra le due Regioni: tra 2001 e 2014 il Pil dell’Abruzzo calò del 3,3%, mentre quello molisano precipitò a quasi -20%.

Molise oggi, qual è la situazione? Referendum per tornare al passato

Nel corso degli anni il Molise si è spopolato, arrivano a fine 2023 con 289mila residenti: si tratta dell’unica regione italiana ad avere una popolazione inferiore rispetto al tempo dell’Unità d’Italia.

Dagli ultimi dati Istat, il Pil pro-capite raggiunge i 24.500 Euro contro i 27mila dell’Abruzzo e i 32.983 della media nazionale. Nel 2023 le chiusure delle imprese in Molise hanno superato le aperture, con un saldo negativo di 188 aziende, il peggiore in Italia e in controtendenza con l’andamento nazionale, dove 17 regioni su 20 registrano dati positivi.

La città di Campobasso, capoluogo di regione del Molise
La città di Campobasso, capoluogo di regione del Molise – Wikimedia Commons @Horcrux – Museodiocesanotorino.it

 

Cresce il bilancio negativo della regione, che a fine 2021 ha superato 573milioni di euro, la Sanità è commissariata da 15 anni e ha ancora un debito di 138 milioni. Nonostante la giunta di centro-destra, guidata da Francesco Roberti, abbia deciso di aumentare l’addizionale Irpef per i redditi superiori a 28mila euro al 3,33%, l’aliquota più alta d’Italia.

È stata limitata la capacità di spesa perché bisogna mantenere un apparato regionale che costa 30,7 milioni di Euro, circa 105 Euro a testa contro i 60 dell’Abruzzo.

Cronica la carenza di personale medico-sanitario: all’appello mancano 20 specialisti di medicina d’urgenza, 17 radiologi, 16 pediatri, 14 ortopedici, 12 anestesisti, 3 ginecologi, 2 oncologi e 140 infermieri: per tamponare sono stati ingaggiati medici venezuelani di cui 8 lavorano nei reparti degli Ospedali Cardarelli di Campobasso e San Timoteo di Termoli.

Così, il 9 marzo è partita la raccolta firme per un referendum che mira a portare la provincia di Isernia dentro l’Abruzzo e poi l’intero Molise.

Secondo l’ex questore Gian Carlo Pozzo, uno dei promotori dell’iniziativa popolare, la Regione è gravata da un pesante debito che combatte a suon di tasse e tagli e non è più in grado di garantire ai cittadini servizi essenziali come sanità, trasporti e formazione.
Si sta muovendo nella stessa direzione la provincia di Campobasso con un comitato a Montenero di Bisaccia, e iniziative anche nei comuni di Petacciato, Termoli e Campomarino.
Bisognerà poi vedere alla prova dei fatti se la politica locale mollerà l’osso, perché con una popolazione così esigua ogni famiglia ha rapporti diretti con gli amministratori e il clientelismo è più di un rischio. Nel concreto ogni amministratore controlla 97 votanti effettivi.
E il Molise è tutto qui: 80 mila abitanti nella provincia di Isernia, e poco più di 200 mila in quella di Campobasso, con enormi difficoltà a sostenere uno sviluppo in grado di camminare con le proprie gambe.
Già a suo tempo i padri costituenti avevano intuito i pericoli dei territori infiammati dalle aspirazioni a diventare piccole patrie, ma con pochi abitanti e ancor meno risorse.
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