Da “Il nome della rosa” a “Gomorra”, alcuni tra i migliori film tratti da libri italiani

Letteratura e cinema vanno da sempre a braccetto. Scopriamo allora alcuni dei migliori film tratti da libri italiani.

Dai grandi classici fino agli ultimi successi, diventati prima kolossal, poi riletti, reinterpretati, fino all’avvento delle serie tv che ne hanno modificato la fruizione, ma non il senso ultimo. Letteratura e grande schermo vanno da sempre a braccetto, con alcune operazioni riuscitissime in grado di regalare nuova vita a romanzi in alcuni casi molto indietro nel tempo. In Italia ci sono diversi esempi di film tratti da romanzi di grandi scrittori, vediamo alcuni esempi ormai entrati nella storia della settima arte.

Saverio Costanzo
Il regista Saverio Costanzo | Ansa – museodiocesanotorino.it

Gomorra

Partiamo forse da uno dei più grandi successi editoriali e cinematografici degli ultimi anni: Gomorra. Matteo Garrone acquista i diritti del romanzo d’inchiesta di Roberto Saviano, trasformandolo, concentrandosi sulle piccole storie, sui corpi, i gesti, di un microcosmo che vive davvero in un mondo a sé. Un capolavoro tratto da  uno dei libri più importanti dello scrittore napoletano, dal quale è stata tratta anche una serie tv considerata forse il più grande successo seriale di un prodotto del Belpaese.

Il conformista

È il film che lancia Bernardo Bertolucci prima che “Ultimo tango a Parigi” lo renda una star mondiale. Il riadattamento del romanzo di Alberto Moravia “Il conformista”  resta un lavoro italiano, con attori italiani come Stefania Sandrelli o quelli resi famosi in Italia come Jean-Louis Trintignant. La trama si concentra su un delatore durante il periodo del fascismo, ma è il lavoro con il direttore della fotografia Vittorio Storaro a fare la differenza, con la sua potente rappresentazione degli ambienti e dei colori, molto più incisiva rispetto alla scrittura. Lo stile e la durezza della condanna emergono dai paesaggi urbani, dagli spazi imponenti; infatti, la critica al fascismo è più sottolineata dall’architettura che dalle parole.

Il Gattopardo

Luchino Visconti nel dirigere Il Gattopardo non si focalizzò tanto sulla narrazione, ma aveva un obiettivo estetico. Rispetta molto il romanzo originale di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, cercando di non alterare nulla, ma attraverso i costumi, gli ambienti e le riprese, crea sottilmente un’ambientazione siciliana dell’800, arricchendola con sfarzo e attenzione al dettaglio. Dove il romanzo condannava l’aristocrazia, Visconti aggiunge una forte vena di nostalgia.

La solitudine dei numeri primi

Veniamo invece a tempi più recenti, con il regista Saverio Costanzo, che partendo dalla storia di formazione di Paolo Giordano “La solitudine dei numeri primi” (vincitore del premio Strega 2008), in cui i traumi dell’infanzia persistono nell’età adulta, mescola vari generi compreso l’orrore. Il film offre così una gamma di tonalità, riuscendo persino a trasmettere emozioni attraverso i corpi deformi che si muovono, si attraggono, si scrutano e si trasformano.

Romanzo criminale

Antesignano di un certo tipo di narrazione che farà scuola negli anni a venire, il libro di Giancarlo De Cataldo “Romanzo criminale “è la base del nuovo cinema (e della nuova serialità) criminale italiana. Quando Michele Placido lo adatta per il grande schermo, crea inconsapevolmente un’immagine, partendo da un gruppo di attori emergenti, che influenzerà tutte le produzioni future. Ecco un caso in cui l’adattamento si rivela molto più importante del romanzo originale.

Il nome della rosa

Produzione italiana, francese e tedesca, in cui il romanzo di Umberto Eco, il più venduto dell’epoca moderna, trova in Sean Connery l’interprete perfetto, desiderato dall’autore stesso. Pur essendo scarsamente fedele per necessità di sintesi, “Il nome della rosa” al cinema perde molte sfumature intellettuali, concentrandosi sull’azione e annullando le dispute. In questo modo, perde il senso del titolo originale, ma mantiene la capacità di creare un giallo avvincente con monaci benedettini e francescani.

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