Bari, primarie di centrosinistra a rischio per le inchieste

Dopo l’inchiesta giudiziaria di Bari che ha portato a otto arresti e ha toccato la giunta regionale pugliese, non ci sono le condizioni per svolgere le primarie del centrosinistra per il candidato sindaco di Bari

Nel tardo pomeriggio di giovedì il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha annunciato che il suo partito non parteciperà più alle primarie per scegliere il candidato della coalizione di centrosinistra alle elezioni comunali di Bari, in Puglia, dei prossimi 8 e 9 giugno.

“Per il Movimento 5 Stelle non ci sono le condizioni per svolgere serenamente le primarie” ha detto Conte prima di un comizio. Il riferimento è a una nuova inchiesta aperta dalla procura di Bari che giovedì ha portato alle dimissioni dell’assessora ai Trasporti della regione Puglia Anita Maurodinoia del Partito Democratico, accusata di voto di scambio.

La nuova inchiesta della procura di Bari

Maurodinoia è stata messa agli arresti domiciliari e sono state ordinate misure cautelari per altre nove persone tra cui Sandro Cataldo, marito di Maurodinoia e referente del movimento politico Sud al centro, e Antonio Donatelli, sindaco del comune di Triggiano in provincia di Bari.

La dichiarazione di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle
La dichiarazione di Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle

Le persone indagate nell’inchiesta sono accusate di aver creato un sistema per la compravendita di voti alle elezioni regionali della Puglia nel 2020, alle comunali di Grumo Appula (Bari) del 2020 e alle comunali di Triggiano del 2021. La sezione pugliese del PD ha fatto sapere che Maurodinoia si è dimessa anche dai suoi incarichi nel partito.

Le indagini erano partite nell’ottobre del 2021 a seguito del ritrovamento a Bari di fotocopie di documenti d’identitàcodici fiscali manifesti elettorali in alcuni cassonetti dell’immondizia.

Secondo la procura, i voti sarebbero stati acquistati a 50 euro l’uno: tra gli indizi raccolti dalle autorità ci sono alcuni fogli con i nomi e le generalità degli elettori a cui sarebbe stato corrisposto il compenso. Oltre al denaro sarebbero stati promessi anche posti di lavoro e ricompense di vario genere.

Secondo la procura di Bari, Cataldo sarebbe l’ideatore del sistema, che sarebbe stato usato inizialmente alle elezioni comunali di Grumo Appula nel 2020 per favorire l’elezione di Nicola Lella, diventato poi assessore alla Sicurezza e ora arrestato.

Lella era inoltre già stato arrestato nell’agosto del 2021 con l’accusa di estorsione e concussione: i carabinieri l’avevano colto in flagrante nell’atto di ricevere una tangente da 5mila euro dal titolare dell’azienda che si occupava della raccolta rifiuti nel comune.

Le primarie del centrosinistra si dovevano svolgere il 7 aprile: i candidati erano Michele Laforgia, avvocato sostenuto da M5S, Italia Viva e Sinistra Italiana e Vito Leccese, attuale capo di gabinetto del sindaco di Bari Antonio Decaro sostenuto da PD, Azione ed Europa Verde.

Conte ha confermato che il M5S continuerà a sostenere la candidatura a sindaco di Laforgia, mentre sembra che il PD sia intenzionato a sostenere Leccese: a meno che non trovino un accordo all’ultimo minuto, i due partiti appoggeranno quindi candidati diversi alle elezioni di giugno. La coalizione di centrodestra, di cui fanno parte Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, non ha ancora annunciato un candidato.

L’inchiesta sul voto di scambio che coinvolge Maurodinoia si aggiunge ad altre due indagini giudiziarie in corso a Bari di cui si è parlato nelle ultime settimane, soprattutto perché il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva annunciato di aver avviato la procedura per valutare lo scioglimento del comune per mafia.

Intorno alla possibilità che il comune di Bari venga sciolto per infiltrazioni mafiose si sta sviluppando una grossa polemica politica: il sindaco di Bari Antonio Decaro, del Partito Democratico, ha accusato il governo di star agendo per ragioni politiche, dal momento che nei prossimi mesi a Bari si voterà per rinnovare il consiglio comunale ed eleggere un nuovo sindaco (Decaro non può ricandidarsi perché è già al secondo mandato).

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha deciso di accogliere la richiesta del prefetto di Bari e nominare una commissione d’indagine che dovrà verificare entro i prossimi tre mesi se ci siano fondati elementi per far decadere il sindaco, la giunta e il consiglio comunale, affidando l’amministrazione del comune a una commissione straordinaria composta da tre funzionari dello Stato.

Le due indagini giudiziarie che hanno motivato Piantedosi allo scioglimento comunale

La decisione del governo è stata motivata da Piantedosi sulla base di due indagini giudiziarie in corso nel capoluogo di regione pugliese: la prima di queste riguarda le attività di alcuni clan mafiosi della città e in particolare di quello del clan Parisi nel quartiere Japigia, che ha portato all’arresto di un centinaio di persone accusate di associazione mafiosa, di voto di scambio o di aver favorito le attività dei gruppi criminali.

Questa indagine ha in una certa misura coinvolto anche il consiglio comunale, perché tra gli arrestati con l’accusa di voto di scambio c’è Maria Carmen Lorusso, eletta consigliera nel 2019 in una lista di centrodestra che sosteneva il candidato sindaco di Forza Italia, Pasquale Di Rella, nettamente sconfitto da Decaro. Nel maggio del 2021, poi, Lorusso era passata in maggioranza, aderendo al gruppo “Sud al Centro”.

Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi
Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – ETTORE FERRARI/ANSA – Museodiocesanotorino.it

È un cambio di schieramento avvenuto in un contesto molto fluido, com’è quello barese, dove movimenti del genere non sono rari.

Lo stesso Di Rella era un esponente del Partito Democratico, ma nel dicembre del 2017 lasciò il partito quando era presidente del Consiglio comunale per poi candidarsi a sindaco col centrodestra due anni più tardi.

Anche il movimento “Sud al Centro”, che oggi appoggia un sindaco di centrosinistra, è un gruppo con vecchie radici nel centrodestra.

Un ruolo importante nell’indagine è quello di Giacomo Olivieri, marito di Lorusso e già implicato in altre vicende giudiziarie: ora è accusato dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, che conduce le indagini, di avere pagato varie decine di migliaia di euro ai clan mafiosi di Bari (Parisi, Strisciuglio e Montani) per garantire i voti necessari all’elezione della moglie Lorusso in Consiglio comunale nel 2019.

Lo stesso Olivieri, avvocato ed ex console onorario della Slovenia, ha avuto una carriera politica molto particolare, segnata da molti cambi di schieramento.

Mercoledì sera però il ministro Piantedosi ha spiegato in un’intervista al Tg1 che è stata soprattutto l’altra indagine, quella sull’azienda dei trasporti (l’Amtab), a essere decisiva nella scelta di nominare la commissione d’indagine sul comune di Bari.

Nel frattempo dallo scorso 22 febbraio la società di trasporti è stata posta dal tribunale di Bari sotto amministrazione giudiziaria, cioè affidata alla guida di un manager scelto dal tribunale stesso.

L’articolo 34 della legge nota come “Codice antimafia” prevede che un’azienda venga commissariata se ci sono «sufficienti indizi» di condizionamento diretto o indiretto delle sue attività economiche da parte delle associazioni criminali, oppure quando agevola in qualche modo gli interessi dei clan.

Nella prima ipotesi, insomma, un’azienda cede più o meno agevolmente alle intimidazioni o ai ricatti della criminalità organizzata, mentre nella seconda, l’azienda è per certi versi espressione diretta degli interessi della criminalità organizzata.

Sono entrambi casi molto gravi, soprattutto per un’azienda controllata da un ente pubblico e infatti entrambi giustificano il commissariamento: ma è chiaro che la seconda ipotesi è più grave.

È una distinzione rilevante in questa circostanza: il tribunale di Bari ha infatti deciso di accogliere la richiesta della procura e commissariare Amtab precisando però che a suo avviso l’azienda non ha direttamente agevolato gli interessi del clan Parisi, come sostengono i magistrati che hanno condotto l’indagine, ma che piuttosto si è fatta in una certa misura condizionare dai ricatti di alcuni esponenti del clan stesso, o che per lo meno ci siano «sufficienti indizi» per ritenere che sia andata così.

Al centro dell’inchiesta ci sono in particolare tre esponenti del clan Parisi (Tommaso Lovreglio, Massimo Parisi e Michele De Tullio), tutti e tre dipendenti Amtab, arrestati per associazione mafiosa ed estorsione con l’aggravante della mafiosità: sono accusati di pressioni e minacce nei confronti del responsabile “Area Soste” dell’azienda, Giovanni Del Core, per fare assumere con contratti a tempo indeterminato cinque persone, tutte legate alle famiglie che compongono il clan.

Il fatto che Del Core risulti vittima del reato di estorsione, e non complice del clan, induce appunto il tribunale a ritenere che il condizionamento dell’Amtab sia stato più occasionale di quanto sostengono i magistrati dell’accusa.

L’estorsione sembra dunque essersi realizzata in un settore ben specifico dell’azienda, e cioè la sezione Area Soste: Amtab ha infatti in gestione i parcheggi e gli spiazzi a pagamento a Bari e dintorni, e durante i grandi eventi che si svolgono in città la Area Soste assume temporaneamente del personale per controllare i parcheggi attraverso agenzie per il lavoro che selezionano i candidati.

Secondo la procura questa selezione non sarebbe trasparente, perché il responsabile della sezione, cioè appunto Del Core, segnalerebbe all’agenzia i profili da indicare e certificare secondo accordi già definiti e poco chiari (l’ipotesi è appunto che siano condizionati dalla criminalità organizzata).

Sulla base di questi indizi, il tribunale di Bari nel disporre il commissariamento ha detto di ritenere che, come spesso accade in questi contesti criminali, anche nel caso dell’Amtab la tendenza del clan mafioso è stata quella di «lasciare incontaminato da condizionamenti il core business dell’attività imprenditoriale, e propendere, piuttosto, per il ricorso al metodo mafioso in altri settori meno sorvegliati, quale appunto l’Area Soste».

Sono questi, quindi, gli elementi che hanno indotto Piantedosi prima a chiedere una relazione al prefetto di Bari, poi a nominare la commissione d’indagine.

Il decreto di nomina, in realtà, ancora non c’è, e dunque al momento non è nota la composizione dell’organismo che dovrà fare le verifiche. Per legge, saranno in tre tra magistrati, prefetti, ufficiali delle forze dell’ordine e altri funzionari dello Stato in servizio o in pensione.

Dal momento della nomina effettiva, la commissione avrà fino a tre mesi per condurre le indagini, con una eventuale ulteriore proroga di altri tre mesi.

Di solito, comunque, questa attività di verifica si risolve in poche settimane. Dopodiché farà una relazione che verrà inviata al ministro dell’Interno, il quale potrà decidere se archiviare, e dunque non dare seguito all’indagine, oppure proporre al Consiglio dei ministri lo scioglimento del comune e affidarne l’amministrazione a una commissione straordinaria di tre membri, scelti con metodi analoghi a quelli utilizzati per la commissione d’indagine.

Impostazioni privacy